Come ha vissuto il Suo periodo di formazione scolastica?
Ho conseguito la maturità all’istituto tecnico per geometri; in seguito, ho frequentato l’Accademia sulle discipline naturali a Trento, in particolare sui sistemi di medicine alternative. Niente che fosse prettamente legato alla mia professione attuale.
Com’è stato invece l’apprendimento sul posto di lavoro?
Non ho mai svolto un vero e proprio apprendistato sul posto di lavoro: un brevissimo periodo, appena diplomato, l’ho passato in uno studio di un ingegnere e ogni tanto affiancavo mio padre nella sua impresa edile. La passione per questo lavoro è nata durante la scuola, quando, per gioco, ho iniziato a imparare l’attività che oggi è diventata la mia professione.
All’età di diciassette anni, conobbi un ragazzo che faceva questo mestiere e me ne parlò tanto bene che m’incuriosii parecchio, e, una volta tornato a casa, m’improvvisai artigiano; ho acquistato una pelle e ho provato a costruire degli oggetti, partendo da una cintura e continuando poi con altri semplici oggetti: è così che è nata la mia passione!
Com’è cambiato il rapporto uomo-macchina nel Suo lavoro?
Il mio è un lavoro prevalente manuale. In principio, cucivo senza l’utilizzo di attrezzature meccaniche.
Quando ho iniziato la mia attività di artigiano nel 1984, organizzai il mio laboratorio acquistando una macchina da cucire, che era il minimo indispensabile, e una scarnatrice. Per poter svolgere il lavoro in modo più professionale e per migliorare la produzione, aggiunsi col tempo altri macchinari, per eseguire tipologie di lavori più fini e di precisione.
Certe strumentazioni sono necessari per assottigliare lo spessore della pelle o della cucitura, che in questo modo risulta molto più raffinata. In ogni caso, la maggior parte del mio mestiere viene ancora svolto principalmente a mano.
Le macchine che sono state inserite nei processi manuali di lavorazione hanno permesso di migliorarsi, perché nasce, in questo modo, una ricerca della produzione di oggetti più complessi e di maggior gusto. La macchina è comunque gestita dall’uomo, quindi non automatica.
Questo passaggio da uomo a macchina quanto ha influito sulla sua creatività?
Nel tempo ha influito molto, perché è proprio l’innovazione che ha permesso alla mia professionalità di maturare, perfezionandomi e specializzandomi negli anni.
La lavorazione è, in questo settore, puramente manuale ma senza l’utilizzo di alcuni macchinari specifici per certe lavorazioni, la realizzazione resta pur sempre un po’ grossolana, con alcuni limiti. Gli strumenti meccanici mi permettono quindi di raffinare il mio lavoro.
Qual’era il lato migliore e quale il peggiore della lavorazione manuale? E di quella industriale?
Penso che ci sia più di un lato migliore nella produzione manuale: è bella e da soddisfazione, poiché l’artigiano parte dal pensiero e dall’idea del prodotto e lo trasforma in materia. Da un’idea si ottiene il risultato, con un vero e proprio percorso, fatto da un insieme di passaggi, che ci porta da una cosa che ancora non esiste a un’altra materiale: questo secondo me il lato più bello.
Il lato peggiore della manualità potrebbe essere che questo processo comporta un maggiore impiego di tempo: per fare la stessa cosa, a livello industriale ci s’impiegherebbe la metà del tempo!
A livello personale, la cosa che mi piace meno è quando la richiesta di alcuni oggetti è talmente forte che devo produrli in grandi quantità: non mi piace il lavoro in serie, anche se per necessità ogni tanto capita. Penso però che quando una persona fa un lavoro che le piace con passione i lati negativi si superano!
Del processo industriale la cosa peggiore è che vengono prodotti oggetti in serie, senza personalità. Il vero problema però credo sia il fatto che una persona non produce mai un oggetto interamente ma ne produce solamente una parte, senza avere la soddisfazione di vedere il risultato finito.
L’istruzione l’aveva preparata a questo cambiamento?
No, per niente! Al tempo della mia formazione non c’era nessuna preparazione per quest’attività, era tutto un altro tipo d’istruzione.
Innanzitutto, per l’attività che svolgo, non c’è mai stato un vero e proprio istituto che preparasse, né teoricamente né tecnicamente, alla professione del pellettiere; in secondo luogo, nel periodo della mia formazione, in generale, la tecnologia non era ritenuta parte attiva nella sfera scolastica.
Qual’è il concetto più importante, nella sua professione, che lei ritiene debba essere tramandato?
Penso che nel mio mestiere la cosa più importante sia esserne innamorati: fare il proprio lavoro con amore e passione è fondamentale per lavorare bene ed essere poi soddisfatti dei propri risultati. Se una persona è coinvolta e crede in ciò che fa, riesce a lavorare molto meglio.
Cosa le piace di più del suo lavoro?
Del mio lavoro, inteso come la mia attività e non come il mestiere in generale, la cosa che preferisco è l’indipendenza, cioè il fatto di poterlo gestire autonomamente, soprattutto negli orari.
Quali sono i principali passaggi che costituiscono il suo lavoro?
Nel mio lavoro le fasi di produzione sono prevalentemente tre: preparazione delle pelli, assemblaggio e rifinitura; queste variano d’ordine in
base all’oggetto che voglio realizzare. Inizialmente, procuro la materia prima, ovvero la pelle, direttamente dalle concerie toscane. Cerco poi di visualizzare mentalmente l’oggetto e ne realizzo uno schizzo a mano. Dividendo il disegno in varie parti e attribuendo a esse varie misure, ritaglio i cartoni che mi servono per riportare le dimensioni dell’oggetto dalla carta alla pelle: realizzo così i vari pezzi di cuoio che mi servono per comporre il manufatto. Il passaggio successivo è quello di scarnitura e spaccatura dei pezzi di pelle che devo ridurre di spessore, nel complesso o sui lati, in base alle necessità. Si susseguono una serie di passaggi quali incollatura, cucitura e fresatura, per poi passare alla vera e propria raffinatura del prodotto con la rifilatura, la spazzolatura e la tintura di bordi e dettagli.
Nei giorni nostri, come riesce a spiccare nella società di massa?
Diciamo che per la tipologia di lavoro riesco a spiccare meglio oggi rispetto a vent’anni fa, perché adesso questo è un mestiere di nicchia; in passato, la presenza degli artigiani era molto più diffusa, un mestiere quasi comune.
In passato, il lavoro dell’artigiano era apprezzato meno rispetto a oggi, perché ora è considerato raro: di conseguenza, chi apprezza questo tipo di lavoro presta molta più attenzione rispetto al passato, avendo la consapevolezza che il prodotto è di nicchia. Stiamo parlando soprattutto di chi ha la possibilità economica.
Le sue creazioni sono maggiormente apprezzate all’estero in particolare in Germania, qual è secondo lei il motivo?
Le mie creazioni hanno grande successo in Germania poiché viene apprezzata la lavorazione manuale, non presente nella loro cultura. I tedeschi sono amanti dei materiali naturali come pelle, cuoio e legno, quindi a maggior ragione un lavoro manuale fatto con materiali naturali viene stimato. A differenza di molti altri prodotti esportati, dei quali si conosce quello finito e non l’origine stessa del manufatto, io vado direttamente sul posto e mi propongo come artigiano: essi riconoscono nel mio lavoro la storia di questo mestiere che fa parte della nostra nazione, l’Italia. Ciò che a loro interessa è la creatività e la manualità prettamente italiana, di cui loro apprezzano le creazioni. Non per caso, il “Made in Italy” è rinomato in tutto il mondo.
Cos’è secondo lei la creatività?
Creatività è trovare sempre una soluzione, anche se io mi sento più artigiano che creativo, poiché a mio parere il primo raggruppa tutto, compresa la creatività, che in sé è un concetto astratto, e l’artigianato utilizza per elaborare un pensiero più complesso.
Ci può spiegare in cosa consiste il suo lavoro?
o mi definisco “Artigiano del cuoio”, acquisto pellami di qualità e li lavoro manualmente producendo oggetti di pelle o cuoio.
Ho un piccolo laboratorio, dove creo gli articoli che poi vendo facendo manifestazioni dedicate all’artigianato, come la grande Fiera di Milano dell’artigianato che si svolge tutti gli anni i primi giorni di dicembre.
Da quanti anni svolge questo tipo lavoro?
Ho intrapreso quest’attività nel 1977, all’età di diciassette anni, quasi per gioco.
Questo è diventato poi il mio mestiere nel 1984 quando ho aperto un piccolo laboratorio che tuttora gestisco. Dopo trentatré anni di esperienze la passione per questo lavoro è ancora tanto grande che si manifesta in ogni mio manufatto.